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HONNE E TATEMAE: ciò che un amante del Giappone deve sapere!

Come i giapponesi mantengono l'armonia nei rapporti sociali

(Articolo a cura di Susanna Ribeca, scrittrice)

Non è possibile spiegare i concetti di tatemae/honne senza introdurre il tema delle dicotomie del pensiero giapponese. Questo meccanismo è alla base della logica impiegata per organizzare e concepire ogni momento della vita quotidiana.


Esistono delle coppie di concetti contrastanti e speculari, per esempio hare/ke, vale a dire l'occasione ufficiale, straordinaria (hare) e invece l'opposto, lo stato quotidiano, ordinario, non ufficiale, detto ke; oppure omote/ura, la prima è la facciata, superficie, e il secondo termine indica invece il rovescio, retro, segreto; o ancora la coppia ôyake/watakushi che indicano rispettivamente pubblico e privato; infine, tatemae/honne, affermazione ufficiale e intenzioni non espresse.


Per i giapponesi, dunque, ogni incontro, ogni situazione, ma anche ogni parola, presenta due risvolti opposti: una parte ufficiale espressa e apparentemente completa e una parte privata, non espressa, ambigua e segreta.

Essi attribuiscono grande valore alla loro famiglia, alla loro comunità e all’immagine dell’Io in cui il rispetto per gli altri è massimo, in cui la fiducia nel gruppo deve essere spronata tutti i giorni.

Sono molto determinati a razionalizzare le loro emozioni e tendono ad essere piuttosto riservati, se non addirittura ermetici.




Honne (本音), parola formata dai kanji 本 (vero) e 音 (suono), “si riferisce ai sentimenti veritieri e ai desideri profondi di una persona. Questi possono essere contrari al ruolo sociale o alle aspettative della società o della famiglia in base alla propria posizione e alle circostanze, e spesso sono tenuti nascosti a tutti, tranne ai propri amici più intimi”.


Tatemae (建前) è formata dal kanji 建 (costruire) e 前 (davanti), cioè letteralmente "facciata", e indica “il comportamento e le opinioni che una persona mostra in pubblico. Tatemae è quello che la società si aspetta, ciò che è richiesto in base alla propria posizione e alle circostanze, e queste possono o no corrispondere al proprio honne”.


Honne/tatemae significa comportarsi secondo le aspettative degli altri, rispetto al ruolo che si ricopre all’interno della società, lasciando da parte il proprio modo di essere.

L’armonia, il wa, concetto molto caro ai giapponesi, deve esistere anche nei rapporti tra le persone: comportandosi come richiede la società, e non secondo il proprio pensiero, si evitano conflitti e problemi.


Non bisogna ferire i sentimenti degli altri, per cui si evita di dire in modo diretto quello che si pensa o non si manifesta.

Ė per questo motivo che spesso si tiene il proprio honne nascosto a tutti, a parte alla famiglia o agli amici più intimi.


Un esempio concreto di come funziona il tatemae si ha quando un commesso, invece di dire che un prodotto non è disponibile, comincia a consultare il computer, a fare telefonate, fino al punto in cui fa capire al cliente che quell’articolo non è presente in negozio, ma senza dire un esplicito “no”.



Anche nel linguaggio si evita l’uso del “no”; è preferibile usare le espressioni ちょっと” (ciottò, “un po’ “, usatissimo in giapponese) e 難しい (muzukashii, difficile), demo (ma, comunque), kangaete-oku (ci penso), ichiou (per ora, provvisoriamente), maa-maa (così così) o inventandosi delle scuse, come impegni urgenti da svolgere.

Sta all’interlocutore andare oltre l’apparenza e comprendere che la risposta è negativa, cioè deve esercitare anch’egli la predisposizione all’armonia e capire ciò che l’altro non dice.


«Allora i giapponesi sono bugiardi!», dirà qualcuno.


No, è qualcosa che ha a che vedere con l’educazione, quasi si potrebbe parlare di diplomazia.

Non mostrare in pubblico le proprie emozioni o intenzioni viene dunque considerato in Giappone più un pregio che un difetto.

Per questo i giapponesi vengono educati fin da piccoli ad utilizzare soprattutto nella sfera pubblica un linguaggio indiretto, spesso vago. Così, se un linguaggio più esplicito si adatterà di più alla sfera privata, dove gli individui sono chiaramente liberi di esprimere le proprie emozioni, un linguaggio di “facciata” verrà preferito nella sfera pubblica, dove l’io è sempre messo in secondo piano a favore della collettività.


Naturalmente anche in Italia non sempre si dice quello che si pensa veramente per evitare problemi, però in media siamo più diretti dei giapponesi.



Parlare e comportarsi con honne, il "vero sé", è generalmente riservato solo ai momenti più privati ​​della vita.

Si può esprimere la propria opinione liberamente con gli amici e familiari, ma non con persone al di fuori della cerchia personale e non quando si è in pubblico, al lavoro o a scuola.


Un’occasione particolare per mostrare l’honne accade durante i nomikai (飲み会).

Un nomikai è un incontro tra colleghi dopo il lavoro, in cui si mangia e si beve.

In queste occasioni si può parlare dei problemi sul lavoro o in famiglia e, al tempo stesso dare consigli ai colleghi che ne hanno bisogno. L’alcool gioca un ruolo importante in questi incontri.


Sapere quando è meglio usare il tatemae e quando l’honne è una capacità importantissima, che ha un termine specifico, ovvero kuuki wo yomu, traducibile come “leggere l’aria, l’atmosfera”.

In parole povere, comportarsi nella maniera più consona al tipo di situazione in cui ci si trova.


Possiamo quindi affermare che i nipponici vivono destreggiandosi tra le dicotomie, spesso incomprensibili per un occidentale.

Predispongono contrasti tra due componenti (che, semplificando, possiamo differenziare come ufficiale e stabile, contrapposto al caos e all'irrisolto, l'indefinito) in una sequenza ulteriore, così che c'è sempre qualcosa di indefinito, di inafferrabile.



Il professor Koji Taki, filosofo e critico d’arte, spiega così questo concetto:

“Faccio un esempio: lo spazio della casa giapponese. Tra il XVI secolo e la metà del XIX nell'abitazione domestica vige una doppia articolazione spaziale: lo spazio pubblico e quello privato; il secondo viene ulteriormente suddiviso sulla base del medesimo schema tatemae/honne, così che esiste sempre un luogo -rifugio, anche se in apparenza la casa è tutta visibile, un segreto custodito e alla fine ambiguo. Così la coppia omote/ura (facciata/retro, lato privato) è strettamente legata all'organizzazione della società in struttura gerarchica. Questo nell'abitazione moderna sembra scomparso; ma non è così, se uno pensa al mostruoso fenomeno degli spazi urbani giapponesi, in apparenza così confusi dal punto di vista spaziale, caotici, e che tuttavia non scoppiano mai. Questo perché le case, ma anche le città giapponesi, conservano qualcosa di nascosto, di interno, di ura appunto. La stratificazione e ramificazione che, lasciando a ogni livello sempre degli elementi irrisolti, finiscono per dare vita a una profondità, oku, articolatissima e sempre difficile da analizzare."


Mentre in Italia, quindi, essere sinceri è un valore molto apprezzato nella società, in Giappone si rischia di passare per scortesi, qualora le circostanze non richiedano questo tipo di atteggiamento. Non bisogna ferire l’altro.

(Articolo a cura di Susanna Ribeca, scrittrice)

Fonti: La Stampa, Wiki, Psychologyinstructor



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