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WABI-SABI: seconda parte

Una vita perfettamente imperfetta

(Articolo a cura di Susanna Ribeca, scrittrice)



Nell’articolo precedente (prima parte: qui il link) abbiamo affermato che il wabi e il sabi sono due dei pilastri dell’estetica giapponese, la bussola con la quale i nipponici si orientano nel mondo. La loro unione, wabi sabi, implica un concetto di connessione a quel genere di bellezza che ci ricorda la transitorietà della vita. Altri due pilastri sono:

  • mono no aware, cioè la partecipazione emotiva di fronte a determinate scene, specialmente naturali, che ci ricordano la caducità delle cose, come tutto sia destinato a passare, morire. Per esempio, lo spettacolo del tramonto, che ci suscita delicate emozioni non solo per l’incanto che trasmette, ma anche perché da lì a poco è destinato a finire;

  • yūgen, ossia “la profondità del mondo come lo vediamo nella nostra immaginazione; la bellezza del mistero e della comprensione che noi siamo una piccola parte di qualcosa molto più grande di noi”.

Immaginiamo che questi concetti siano come lenti che ci mettiamo davanti agli occhi per percepire la vita, il mondo, noi stessi e gli altri. Fatto? Ora, armati di questo bagaglio, vediamone le applicazioni “pratiche”.


wabisabi, tramonto, giappone

LA CASA WABI SABI

 

La casa riflette il nostro spirito e il wabi sabi può aiutare ad organizzare lo spazio abitativo attraverso la “semplicità consapevole”.

La lingua giapponese ha una frase per indicare questa condizione di vita in un luogo organizzato e confortevole: 居心地 が 良い (igokochi ga yoi), i cui kanji letteralmente significano “essere qui-cuore-luogo-bene” e che insieme vogliono dire “accogliente”. Se ci si ispira alla stanza del tè di cui abbiamo parlato nell’articolo precedente, il nostro appartamento può diventare pulito, semplice ed ordinato.


Se è sempre in divenire, perché modellato sulla personalità dell’abitante, questo è un bene, perché la perfezione, per di più immutabile, non esiste.

Alcuni suggerimenti:

  • valorizzare la stanza d’ingresso, quello che i giapponesi chiamano genkan, disponendo fiori in giro e togliendo i soprabiti se non è stagione. Sia i familiari che gli ospiti possono lasciare le scarpe lì e, magari, offrendo loro delle pantofole, si può ovviare al freddo del pavimento e creare subito un senso di intima ospitalità;

  • cercare di sperimentare nuovi materiali di arredamento e decorazione, come il legno, la pietra, la terracotta, nonché tessuti ecologici per la biancheria, preferendo i colori tenui, vicini all’acqua e alla terra. In genere, diffondono un senso di calma, anche perché l’occhio e l’immaginazione amano l’imperfezione, l’asimmetria e le superfici non uniformi;

  • portare la natura dentro casa, magari raccogliendo ciò che la terra o il mare hanno da offrire a seconda delle stagioni: fiori, conchiglie, ciottoli, rami, piume, e divertirsi a fare delle composizioni da sistemare sugli scaffali o sui davanzali;

  • considerare sempre luce e ombra, osservare come i loro contrasti nelle varie ore della giornata cambiano le stanze in cui si vive. Accogliere la penombra e l’oscurità quando si adattano al proprio umore o al tempo esterno;

  • soddisfare i cinque sensi, e quindi curare la profumazione della casa, sia aprendo la finestra per fare entrare la brezza, sia adoperando essenze naturali; mettere musiche rilassanti;

  • utilizzare le cose a cui siamo più attaccati per decorare, in modo da stimolare il ricordo e le sensazioni positive avendole sott’occhio;

  • creare angolini di autentica bellezza: un vaso con un fiore sul davanzale, una composizione di conchiglie sopra un libro, una foto incorniciata in un posto inaspettato.

Nella casa wabi sabi l’ospitalità sarà calorosa e tranquilla, piena di intima e reciproca condivisione. Anche in questo caso, ci viene in aiuto la lingua giapponese con l’espressione “Ichi-go ichi-e”, cioè “Questo incontro, questa volta soltanto”, indicando la preziosità di ogni singolo momento trascorso insieme, da vivere come se non tornasse più.


wabisabi



LA CONNESSIONE FRA WABI SABI E NATURA

 

L’amore per la natura del popolo giapponese è qualcosa di molto profondo: il sentimento è quello di farne parte, non di esserne separati. Essa influenza i ritmi ed i rituali della vita quotidiana ed una particolare attenzione è rivolta all’avvicendarsi delle stagioni.


Fin da quando è nata, la letteratura nipponica parla di natura con lunghe e dettagliate descrizioni di ogni periodo dell’anno. L’ambiente circostante è enfatizzato non solo nella sua dimensione spaziale, ma anche in quella temporale, evocata con riferimenti alle caratteristiche stagionali e alla transitorietà, come l’assenza di qualcosa che c’era, ma adesso non c’è più, o come qualcosa che ora c’è, ma presto non ci sarà più.


Un ruolo importante è giocato dalla natura coltivata: basti pensare all’ikebana o ai bonsai.


Nomi e cognomi di persone e di luoghi geografici fanno frequente riferimento alla natura: Asahi, nome maschile, significa “sole mattutino”; Mio, nome femminile, significa “splendido fiore di ciliegio”.


Alcuni fenomeni atmosferici sono descritti con parole precise e circostanziate, come komorebi, che rappresenta la luce del sole nel particolare momento in cui filtra fra i rami di un albero e forma delle chiazze sul terreno.

wabisabi

Il wabi sabi “applicato” alla contemplazione della natura ci ricorda che la nostra vita è transitoria, che prestare attenzione all’avvicendarsi delle stagioni è un modo per rimanere ancorati al presente, che il ritmo naturale detta il nostro ritmo personale, per sapere quando fermarsi e quando ripartire.


Il “bagno nella foresta” (shinrin-yoku), per esempio, in cui un individuo passeggia nel bosco con tutti i sensi aperti alla contemplazione profonda dello spettacolo naturale e curando particolarmente la respirazione, è diventato un metodo di cura.

I benefici a livello fisico mentale sono notevoli, tra i quali le concentrazioni inferiori di cortisolo, la diminuzione della frequenza cardiaca e della pressione sanguigna, la diminuzione dello stress e la cura della depressione.

Il merito sarebbe da attribuire ai fitoncidi del legno degli alberi, i quali, oltre a rilasciare speciali sostanze nell'aria per proteggersi dal marciume e dagli insetti, sembrerebbero anche aiutare gli esseri umani.


Qual è dunque l’insegnamento più profondo del wabi sabi? Oltre ad essere un antidoto alla frenesia delle nostre giornate, ci dice che occorre semplificare il più possibile per concentrarsi su quello che realmente conta, per trovare la felicità proprio qui dove siamo.

(Articolo a cura di Susanna Ribeca, scrittrice)


Fonti:

Beth Kempton, “Wabi Sabi. La via giapponese a una vita perfettamente imperfetta”, (Corbaccio).

Erin Niimi Longhurst, “Japonisme. Ikigai, bagno nella foresta, wabi-sabi e molto altro” (Harper Collins Italia).




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