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TEMPURA? La sua origine non è giapponese!

L'influenza portoghese nel lessico giapponese: storia e parole (prima parte)


Per capire l’origine della parola “tempura”, lo speciale piatto di verdure e/o pescipastellati separatamente e fritti, e di altre parole giapponesi, dobbiamo tornate indietro al 23 settembre 1543.



Dopo una notte di tempesta, al mattino, sulla spiaggia dell’isola di Tanegashima, nel sud del Giappone, fu trovato un piccolo giunco di fabbricazione cinese parzialmente distrutto. Era stato portato fuori rotta dall’uragano mentre viaggiava fra la Thailandia e Macao. A bordo, i tre portoghesi che componevano tutto l’equipaggio parlavano una lingua sconosciuta e portavano alcuni fucili. Erano i primi occidentali che i giapponesi incontravano di persona: ne avevano sentito parlare soltanto tramite i cinesi.

A quell’epoca, il Giappone stava affrontando una furiosa guerra civile. Il signore feudale (daimyō, che significa "grande nome", 大名) Oda Nobunaga (1534-1582) lottava per la centralizzazione ed unificazione della nazione nipponica. Impressionato, come altri feudatari, dalla tecnologia occidentale, aprì le porte del Paese affinché i portoghesi (ribattezzati Nanbanjin, 南蛮人, ossia “barbari del sud”) potessero introdurre il commercio di armi, il cibo e la religione cattolica, ed approfittò della loro influenza per raggiungere i suoi obiettivi.

La Compagnia di Gesù, l’istituzione religiosa impegnatanell’educazione e nelle missioni evangeliche di conversione dei popoli d’Asia e d’America, come in altre zone del mondo s’impegno a convertire i giapponesi al cristianesimo nella loro lingua nativa. Il giapponese già da allora presentava una flessibilità lessicale considerevole: riuscì ad accettare l’entrata di parole fino ad allora sconosciute associate a concetti stranieri, appropriarsene ed adattarle al corso della sua evoluzione. Questo fenomeno linguistico di integrazione del lessico si definisce in giapponese “gairaigo” (外来語), i cui ideogrammi significano “parole che sono venute da fuori”, per designare vocaboli di origine non cinese.


La grammatica “A Arte da Lingoa de Japam”, di padre João Rodrigues, pubblicata nel 1604, è considerata la prima grammatica scritta in lingua giapponese. In essa si incontrano informazioni e istruzioni sull’uso dei vocaboli; come scrivere lettere e petizioni; nomi delle province e dei regni; modo di contare, i pesi e le misure; storia del Giappone, eccetera.

Un altro libro fondamentale è il “Nippo Jisho” (1603), vale a dire il primo dizionario bilingue fra il giapponese e una lingua occidentale, progettato specialmente per aiutare i gesuiti nell’apprendimento dell’idioma di evangelizzazione. Nel 1604 il vocabolario fu integrato da un Supplemento. Entrambi totalizzano 800 pagine, con 33.000 parole e commenti.


Il successore di Oda Nobunaga, Hideyoshi Toyotomi, fuinvece dell’idea che l’aumento del numero dei cristiani sarebbe potuto diventare un’arma religiosa di massa a favore del Portogallo per conquistare la nazione nipponica. Così cominciò la persecuzione cristiana e, nel 1587, Hideyoshi emanò un editto di espulsione, che fu messo in pratica a partire dal 1591.

Con il provvedimento non si mirava alla cacciata di tutti i portoghesi, ma alla proibizione di entrata di nuovi preti cattolici per la conversione della popolazione. Il film “Silence” di Martin Scorsese (2016) descrive questo periodo storico: https://it.wikipedia.org/wiki/Silence_(film_2016)

Il seme, però, era già stato piantato: nel 1639, quando i portoghesi furono definitivamente banditi, lasciarono un’industria di fucili, una religione, nuovi piatti e nuovi vocaboli che rimasero in uso per secoli.


Di questi parleremo nella seconda parte. Non perdetela!


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(Scritto da Susanna Ribeca, scrittrice)




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