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TEMPURA? LA SUA ORIGINE NON È GIAPPONESE.(seconda parte)

L’influenza portoghese nel lessico giapponese: storia e parole (seconda parte)

(Scritto da Susanna Ribeca, scrittrice di romanzi)


Nelle lingue, i prestiti da altri idiomi avvengono per necessità, intesa come il riempimento di lacune lessicali, cioè in presenza di nomi di luoghi e di persone, di prodotti importati, di concetti importati di natura tecnica, scientifica, religiosa, politica; oppure perché la cultura che trasmette le parole gode di un grande prestigio (oggigiorno, è il caso dei prestiti dall’inglese).


Durante il periodo di scambi commerciali fra Portogallo e Giappone, nella regione di Kiushu si utilizzavano più di 4.000 parole di origine portoghese. I giapponesi consideravano elegante usare rosari e crocifissi, indossare vestiti occidentali e mescolare il portoghese al giapponese nel parlato. Ma siccome tutte le lingue sono dinamiche e cambiano nel tempo e nello spazio, lungo i quattro secoli che ci separano da quel tempo, molti di quei 4.000 vocaboli sono caduti in disuso.

Fra quelli rimasti in uso, diversi riguardano la culinaria, che fu influenzata dall’importazione di nuove ricette e nuovi ingredienti, come lo zucchero.


Sicuramente, il caso più curioso è quello della “tempura” (天麩羅・天婦羅). La parola deriva o da “tempero”, che significa “condimento”, o da “têmporas”, ossia i giorni di digiuno religioso in cui è proibito mangiare carne rossa o avicola e pertanto si mangia pesce fritto. I giapponesi non conoscevano la tecnica della frittura e se ne impadronirono egregiamente. Come si vede, possiede varie grafie ideografiche, e alcune hanno anche un valore semantico, perché sono composte dai kanji di “cielo” e “farina”.



Un altro lemma di uso quotidiano è “pan” (パン), che significa “pane” e viene dal portoghese “pão”. Il dolce “boro” (ボーロ・ボール), un biscotto fatto con uova, zucchero e farina, cotto al forno, viene da “bolo, che ha lo stesso significato, ossia biscotto. C’è da dire che oggi si preferisce usare “keki”, derivante dall’inglese “cake”.


Il “konpeitō” deriva da “confeito”, in italiano “confetto”, ed indica un dolciume caramellato. Il primo “confeito” arrivò in Giappone nel 1569 come regalo del missionario portoghese Luís Fróis a Nobunaga Oda. Nei primi tempi accompagnava il tè dei signori feudali, i daimyō, poi passò a servire da prelibatezza da offrire ai visitatori o agli invitati.


Il celeberrimo “kasutera” o castella, il pan di spagna giapponese, è diffuso in tutta la nazione come cibo da strada, mangiato anche durante le celebrazioni e accompagnato dal tè. Il nome deriva da “pão de Castilla”, un dolce proveniente dalla regione spagnola della Castiglia, a sua volta derivante dal latino “castella” (cittadelle).


Se, arrivati fin qui, vi è venuta fame, vi posto il link della ricetta del kasutera:


Scoprite altri termini meno prosaici nella terza parte. Non perdetela


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(Scritto da Susanna Ribeca, scrittrice di romanzi)

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