(Articolo a cura di Susanna Ribeca, scrittrice)
"Ikigai" è una parola giapponese che ultimamente ricorre spesso sugli scaffali delle librerie, specialmente nei settori della psicologia, del benessere e dell’auto-aiuto.
In un Occidente sempre più fluido, che sembra avere perso la bussola, questo affascinante concetto appare come la chiave per dare un profondo significato alla propria esistenza.
Il termine è formato da due ideogrammi:
生き(iki) che significa vita e 甲斐 (gai) che significa “scopo, senso, qualità, valere la pena”.
In pratica, tenendo conto della complessità di ciascun kanji, ikigai può voler dire: il senso della vita; le ragioni per cui vale la pena esistere; il pensiero che ci spinge ad alzarci dal letto la mattina; la realizzazione di sé e l’automotivazione; la felicità ed i traguardi individuali.
Insomma, una persona che conosce il proprio ikigai, conosce il senso della propria esistenza e prova un sentimento di amore per la vita e di appagamento, è ottimista e carico di energia.
Semplificando, diciamo che il proprio ikigai si articola in quattro aree tematiche:
quello che amiamo fare;
i nostri punti di forza o le nostre capacità;
ciò di cui il mondo ha bisogno;
le cose per le quali veniamo remunerati, o potremmo esserlo, e le cose che ci permettono, o ci permetterebbero, di ottenere una contropartita da parte di altre persone.
Facciamo degli esempi.
Uno scrittore che ha trovato il suo ikigai aziona tutti e quattro i livelli: quando scrive, fa una cosa che ama; facendo ciò che è bravo a fare, utilizza il suo talento; pubblica i suoi libri e quindi, con le sue storie ed i suoi pensieri, è utile al resto dell’umanità; ne ricava un guadagno, per cui è in grado di provvedere ai suoi bisogni.
Stessa cosa se si pensa ad un appassionato che ha studiato karate per anni, diventa insegnante ed apre una sua scuola in cui trasmette il proprio sapere agli allievi.
L’ikigai, però, può essere anche qualcosa di più piccolo, meno appariscente: badare ad un familiare, al proprio cane, fare ginnastica tutte le mattine, imparare una lingua straniera, viaggiare spesso.
Il grado di appagamento che trasmette è lo medesimo.
Tutti noi abbiamo il nostro ikigai; alcuni l’hanno trovato, altri lo stanno cercando e, una volta scoperto, funziona come una bussola che ci indirizza verso ciò che ci entusiasma per davvero, ciò che appaga i nostri bisogni interiori.
Un altro punto importante è che il nostro ikigai può cambiare, evolversi con lo sviluppo della personalità, perché la sua caratteristica principale è quella di fornire un senso alla permanenza sulla Terra.
Torniamo in Giappone, dove il principio dell’ikigai è estremamente radicato nella mentalità delle persone. Non è detto che tutti l’abbiano scoperto o ne tengano conto, ma sanno che esiste.
Nell’isola di Okinawa, dove gli abitanti vivono più a lungo di qualsiasi altro posto della Terra, quasi tutti gli anziani sono in ottima forma, sono attivi e si godono la vita.
Qui il principio dell’ikigai è strettamente legato all’appartenenza alla comunità.
Le persone sono legate a gruppi formatisi da decenni e quindi sanno di poter contare le une sulle altre; hanno anche un termine dialettale che lo spiega: “yuimaru”, ossia la “cerchia di riferimento”.
Essi riescono a coniugare l’esigenza individuale di vivere una vita piena ed appagante con l’esigenza del gruppo di sostenere i suoi membri, sorreggendoli con discrezione nelle difficoltà.
Il modo in cui scelgono di comportarsi è spesso legato ali bisogni altrui, perché il nucleo dell’agire non è la mera necessità personale, quanto il contributo alla comunità. E questo, come abbiamo visto, è uno dei livelli dell’ikigai (ciò di cui il mondo ha bisogno).
Molte ricerche scientifiche hanno dimostrato che le persone dotate di un forte ikigai hanno un’aspettativa di vita più lunga e più sana di chi vive senza seguirlo o basandosi su altri principi (vedi l‘analisi di lungo periodo condotta dalla facoltà di Medicina dell’Università del Tohoku – Sendai, Giappone).
Per arrivare a percepire il nostro ikigai, dobbiamo innanzitutto seguire alcune regole d’oro.
Esse possono sembrare banali, ma non è così: bisogna evitare che il caos e lo stress governino le nostre giornate, il nostro cervello non deve continuamente immaginare il futuro trascurando il presente.
Per esempio, se ci sentiamo stanchi ed affaticati perché sotto stress, trascuriamo di respirare bene: fermiamoci un attimo ed attuiamo una respirazione calma e consapevole per ossigenare la mente.
Inoltre, noi siamo quello che mangiamo: se ne deduce che un’alimentazione sana è imprescindibile per il nostro benessere.
Gli anziani di Okinawa seguono una dieta povera di grassi, sodio e zucchero, innaffiata da grandi quantità di tè verde; una loro regola si chiama “hara hachi bu”, cioè “pancia otto parti”, e consiste nello smettere di mangiare quando lo stomaco è pieno all’80%.
Praticare attività fisica e cercare di dormire a lungo e bene sono altri due principi da applicare, insieme ad un giusto equilibrio vita/lavoro. Saccheggiare per troppo tempo le proprie risorse fisiche e mentali alla lunga danneggia e alle fasi di tensione e stress devono seguire periodi di riposo, nel quale coltivare ciò che abbiamo trascurato.
Frequentare la gente, sviluppare legami solidi e duraturi, contribuire al benessere degli amici, confrontarsi con opinioni ed idee diverse dalle nostre: vivere insieme agli altri non è soltanto salutare, è anche una sorgente inesauribile di senso.
Ovviamente, solo una profonda analisi su noi stessi ci porterà a comprendere appieno il nostro ikigai, il motore della nostra quotidianità: cosa è importante per noi? Cosa ci dà motivazione ed entusiasmo? Cosa ci procura energia ed appagamento?
Esistono molti manuali che illustrano metodi ed esercizi per portare alla luce la risposta a queste domande, basta digitare “ikigai” su qualsiasi sito di vendita on line di libri o farsi un giretto in libreria. Curare la propria interiorità non è mai una perdita né di tempo né di denaro!
Concludiamo questo excursus con una frase del logopedista Viktor Frankl:
“Se c’è qualcosa che aiuta le persone a superare una difficoltà è la consapevolezza che esiste un senso, e che quel senso, per così dire, aspetta soltanto di adempiersi”.
(Articolo a cura di Susanna Ribeca, scrittrice)
Fonti:
Bettina Lemke, “Ikigai. Il metodo giapponese. Trovare il senso della vita per essere felici” (Giunti)
Erin Niimi Longhurst, “Japonisme. Ikigai, bagno nella foresta, wabi-sabi e molto altro” (Harper Collins Italia).
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