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BUSHIDO E HAGAKURE: La via del samurai ed il suo libro segreto

Gli aforismi dei guerrieri per riflettere e meditare


Articolo a cura di Susanna Ribeca, (scrittrice)



La Via del Samurai, in giapponese Bushidō, è il complesso delle norme di disciplina morale e marziale della casta militare, che si accumularono in Giappone durante i sei secoli di feudalesimo e di cavalleria.

Come dottrina, non superò i confini di un abito morale e di una norma pratica propri dei guerrieri.


Fu molto influenzata dal buddhismo e dai principi dell'etica confuciana; ma sia il buddhismo sia il confucianesimo vennero intesi, ripensati e trasformati dalla mente areligiosa peculiare dei nipponici e dallo spirito marziale caratteristico di quella nazione. Soltanto verso la fine del '600 il bushidō trovò, fra i filosofi confuciani, dei codificatori e teorizzatori, come Yamaga Sokō (1622-1685), e divulgatori, come Kaibara Ekiken (1630-1714).


Esso si fonda su sette concetti fondamentali a cui il samurai deve scrupolosamente attenersi:


, Gi: Onestà e Giustizia. “Sii scrupolosamente onesto nei rapporti con gli altri, credi nella giustizia che proviene non dalle altre persone ma da te stesso. Il vero samurai non ha incertezze sulla questione dell'onestà e della giustizia. Vi è solo ciò che è giusto e ciò che è sbagliato”.


, Yu: Eroico Coraggio. “Elevati al di sopra delle masse che hanno paura di agire, nascondersi come una tartaruga nel guscio non è vivere. Un Samurai deve possedere un eroico coraggio, ciò è assolutamente rischioso e pericoloso, ciò significa vivere in modo completo, pieno, meraviglioso. L'eroico coraggio non è cieco ma intelligente e forte”.


, Jin: Compassione. “L'intenso addestramento rende il samurai svelto e forte. È diverso dagli altri, egli acquisisce un potere che deve essere utilizzato per il bene comune. Possiede compassione, coglie ogni opportunità di essere d'aiuto ai propri simili e se l'opportunità non si presenta egli fa di tutto per trovarne una. La compassione di un samurai va dimostrata soprattutto nei riguardi delle donne e dei fanciulli”.


, Rei: Gentile Cortesia. “I samurai non hanno motivi per comportarsi in maniera crudele, non hanno bisogno di mostrare la propria forza. Un samurai è gentile anche con i nemici. Senza tale dimostrazione di rispetto esteriore un uomo è poco più di un animale. Il samurai è rispettato non solo per la sua forza in battaglia ma anche per come interagisce con gli altri uomini. Il miglior combattimento è quello evitato”.


, Makoto: Completa Sincerità. “Quando un Samurai esprime l'intenzione di compiere un'azione, questa è praticamente già compiuta, nulla gli impedirà di portare a termine l'intenzione espressa. Egli non ha bisogno né di "dare la parola" né di promettere. Parlare e agire sono la medesima cosa”.


名誉, Meiyo: Onore. “Vi è un solo giudice dell'onore del samurai: lui stesso. Le decisioni che prendi e le azioni che ne conseguono sono un riflesso di ciò che sei in realtà. Non puoi nasconderti da te stesso”.


忠義, Chugi: Dovere e Lealtà. “Per il samurai compiere un'azione o esprimere qualcosa equivale a diventarne proprietario. Egli ne assume la piena responsabilità, anche per ciò che ne consegue. Il samurai è immensamente leale verso coloro di cui si prende cura. Egli resta fieramente fedele a coloro di cui è responsabile”.



Il libro segreto dei samurai, “Hagakure”, di Yamamoto Tsunetomo (1659-1719), detto Jocho, samurai e poi monaco, ci trasmette l’antica saggezza dei samurai servendosi di brevi aforismi.


Tsunetomo apparteneva al feudo di Saga, dominato dal clan familiare dei Nabeshima, presso cui entrò a servizio a nove anni.

A venti anni non ricopriva ancora un incarico ufficiale, ma iniziava a farsi strada.

Proprio allora incontrò il monaco zen Tannen, la cui forte volontà ed integrità lo colpirono profondamente.

Un’altra figura decisiva per Tsunetomo fu Ishida Ittei, consigliere del daimyo (il signore del clan) e dotto confuciano, modello per l’autore dell’estrema fedeltà.


Una tradizione presso i samurai era quella di fare seppuku (o harakiri) alla morte del loro daimyo, pratica poi proibita nel 1661. Poiché Tsunemoto, ligio al codice dei guerrieri, non potè suicidarsi, ottenne di diventare monaco buddhista nel monastero di Kurotsuchibaru, dove visse di meditazione e preghiera.


Dieci anni dopo ricevette la visita di Tashiro Tsuramoto, che divenne suo allievo e che, per sette anni, trascrisse le loro conversazioni e le raccolse negli undici volumi che costituiscono “Hagakure”

Alla sua morte, Tsunemoto ordinò che i manoscritti fossero bruciati, ma l’allievo non lo fece, anzi, essi circolarono per oltre centocinquant’anni in estrema segretezza e furono considerati come un libro sacro.

Con la Restaurazione Meiji, nel 1868, il testo divenne pubblico e nel 1906 fu pubblicato come lo conosciamo oggi.


Purtroppo, si tratta di un libro controverso: nella prima metà del Novecento fu strumentalizzato in maniera faziosa per indurre il popolo alla cieca obbedienza verso l’imperatore e, durante la Seconda Guerra Mondiale, fu totalmente mistificato.


La celebre affermazione “La Via del samurai è la morte” fu estremizzata ed utilizzata per manipolare i giovani arruolati come kamikaze. Gli Alleati misero al bando il libro al termine del conflitto, considerandolo un pericoloso innesco per il fanatismo nipponico, e ne bruciarono migliaia di copie.


Per Yukio Mishima (1925-1970), celeberrimo scrittore, drammaturgo, saggista e poeta giapponese, “Hagakure” fu un’opera fondamentale per la formazione del suo pensiero. Decise di morire tramite seppuku proprio per protestare contro la perdita di valori della società giapponese e in nome degli alti ideali contenuti nel libro segreto dei samurai.


Il termine “hagakure” è composto dagli ideogrammi di “foglia” e “nascondere”, per cui il titolo potrebbe essere tradotto come “nascosto dalle foglie”.

Si tratta di undici volumi, i cui prime due contengono i precetti generali sulla Via del samurai. Gli altri raccolgono notizie relative ai daimyo ed ai personaggi illustri dei vari feudi giapponesi.


Il pensiero rivelato da quest’opera è complesso e positivo, non ha nulla a che vedere con la sottomissione ai superiori o l’esaltazione del suicidio. L’obbedienza e la fedeltà al daimyo sono valori importanti che devono essere comunque sostenuti dalla volontà forte e da una scelta ponderata e sempre rinnovata. La morte per difendere tali virtù è da intendersi non come una morte fisica, bensì come l’annullamento dell’ego al fine di raggiungere la perfezione realizzando le proprie aspirazioni; anche il suicidio rituale non è indotto dalla disperazione o dal rigetto della realtà, ma è la manifestazione della lealtà verso il dovere e l’esaltazione degli ideali morali.


Da qui discende un prezioso insegnamento: bisogna vincere la paura della morte per raggiungere la libertà e la pace interiore.

Se si diventa consapevoli della fuggevolezza della vita, si è capaci di cogliere la bellezza e l’unicità di ogni istante.

Inoltre, il fine del Bushido non è la violenza o il predominio sugli altri, ma è il dominio su sé stessi: è necessario oggi essere migliori di ieri e domani migliori di oggi.


La selezione di precetti che seguono (secondo il gusto della qui presente autrice dell’articolo) sono un invito alla riflessione e uno stimolo alla ricerca interiore:


“Poiché la maggior parte delle volte agiamo affidandoci solo alla nostra limitata saggezza, diventiamo egoisti, voltiamo le spalle alla retta via, e le cose non vanno a buon fine. Agli occhi di un’altra persona tale comportamento appare meschino, debole, di scarso valore e inefficace. Quando non si è in grado di discernere, è bene consultarsi con chi è dotato di buonsenso. Un consigliere, non essendo coinvolto personalmente, ci indirizzerà sulla Via, perché prenderà una decisione disinteressata ed equilibrata. Questo modo di agire sarà certamente percepito come molto solido, simile ad un albero robusto con numerose radici. Invece, la saggezza di un solo uomo è come un arboscello che non ha attecchito nel terreno”.

(I,5)


“Il linguaggio marziale usa i termini «samurai illuminato» e «samurai non illuminato». Un samurai che ha aspettato di trovarsi in situazioni difficili per imparare ad uscirne non è illuminato. Un samurai che studia la situazione in anticipo e si prefigura ogni evenienza e le possibili soluzioni è saggio e, quando l’occasione si presenta, è capace di affrontarla nel modo migliore. In ogni caso, il samurai illuminato è quello che si prepara e che prevede tutti i dettagli dell’azione. Al contrario, il samurai non illuminato fa sorgere in chi lo vede la penosa impressione di annaspare in un groviglio caotico e il suo successo deriva solo dalla fortuna, perché non esamina tutte le eventualità prima di agire”.

(I, 21)


“Non condivido il parere di chi raccomanda un’austerità costante e rigida. Come dice il proverbio: «I pesci non vivono nell’acqua limpida»; sono le alghe che permettono loro di nascondersi per crescere fino alla maturità. Quando si sa sorvolare sui particolari e si è in grado di non prestare ascolto alle piccole lamentele, si è capaci di vivere serenamente. Capire questo è essenziale per comprendere il carattere ed il comportamento altrui”.

(I, 24)


“Non esiste nulla di più meraviglioso dell’ultimo verso della poesia che recita: «Quando il tuo cuore chiama, come rispondi?» … Ai giorni nostri le persone definite «intelligenti» si ammantano di saggezza superficiale e finiscono solo per imbrogliare gli altri. Per questa ragione sono inferiori al popolo ottuso. Una persona ottusa è sincera. Se qualcuno guarda profondamente nel proprio cuore, come recita il verso, non celerà nulla a sé stesso. Il cuore è un buon giudice. Bisognerebbe trovarsi in una disposizione d’animo tale da non essere in imbarazzo nell’incontrare questo giudice”.

(I, 40)


“Un maestro di spada, ormai anziano, dichiarò: «Nella vita, ci sono diversi gradi di apprendimento. Al primo si studia, ma non si ricava niente e ci sente inesperti. Al livello intermedio l’uomo è ancora inesperto, ma consapevole delle proprie mancanze e riesce a vedere anche quelle altrui. Al livello superiore diventa orgoglioso della propria abilità, si rallegra nel ricevere lodi e deplora la mancanza di perizia dei compagni. Costui ha valore e si comporta come se non sapesse nulla. Questi sono i livelli in generale. Ma ce n’è uno che trascende, ed è il più eccellente di tutti. Chi penetra profondamente in questa Via è consapevole che non finirà mai di percorrerla. Egli conosce veramente le proprie lacune e non crede mai, per tutta la vita, di avere raggiunto la perfezione. Senza orgoglio, ma con modestia, arriva a conoscere la Via».

Si dice che una volta il maestro Yagyu osservò: «Io non conosco il modo di sconfiggere gli altri, ma la Via per sconfiggere me stesso». Il samurai avanza giorno dopo giorno: oggi diventa più abile di ieri, domani più abile di oggi. L’addestramento non finisce mai”.

(I, 45)


“Tra le massime scolpite sul muro del daimyō Naoshige ce n’era una che diceva: «Le questioni più gravi vanno trattate con leggerezza». Il maestro Ittei commentò: «Quelle meno gravi vanno trattate con serietà». Non esistono più di due o tre problemi da considerare seriamente e, se sono esaminati in tempi ordinari, possono essere compresi. Per risolverli immediatamente è necessario solo pensarci in anticipo, e poi trattarli con leggerezza quando giunge il momento. Tuttavia non è facile fronteggiare un evento e risolverlo con leggerezza se non ci si è preparati prima, perché non si sa prendere la decisione giusta. Quindi la massima «Le questioni più gravi vanno trattate con leggerezza» può essere pensata come fondamento dell’agire.

(I, 46)


“Si può imparare qualcosa da un temporale. Quando un acquazzone ci sorprende, cerchiamo di non bagnarci affrettando il passo, ma anche tentando di ripararci sotto i cornicioni ci inzuppiamo ugualmente. Se invece, fin da principio, accettiamo di bagnarci eviteremo ogni incertezza e non per questo ci bagneremo di più. Tale consapevolezza si applica a tutte le cose”.

(I, 79)


“Un detto che risale al tempo del daimyo Katsushige insegna: «Metti il piede in fallo e cadi sette volte, otto rialzati e risorgi». Il samurai dovrebbe avere sempre la libertà di mettere alla prova la propria forza spirituale.

(I, 128)


“Nel quartiere di Edo si usa una specie di cestino da pranzo intrecciato che viene adoperato un solo giorno nelle passeggiate primaverili. Al ritorno lo si getta via calpestandolo. La fine è importante in tutte le cose”.

(II, 38)


“Esiste un detto che afferma: «Quando le acque salgono, la barca fa altrettanto». In altri termini, di fronte al bisogno l’ingegno si aguzza. È vero che gli uomini coraggiosi coltivano tanto più assiduamente le loro qualità quanto maggiori sono le difficoltà con le quali si confrontano. È un errore imperdonabile lasciarsi abbattere dalle prove.

(II, 41)


“Una persona onesta vive in pace e non si avventa sulle cose. Una persona di poco valore non trova pace, ma ovunque vada crea problemi ed è in conflitto con tutto”.

(II, 104)


“Sentirsi profondamente diversi dagli altri, odiarli e litigare con loro implica che il cuore manca di compassione. Se la persona agisce sempre con compassione, non sorgeranno conflitti. Appena una persona possiede un po’ di conoscenza si dà arie da sapiente: è una questione di inesperienza. Quando qualcuno sa veramente, non lo fa notare: un individuo simile è beneducato”.

(II, 108)


“Di certo esiste solo il particolare scopo del momento presente. Tutta la vita è fatta di attimi che si susseguono. Una volta compresa questa regola fondamentale, il samurai non deve più manifestare impazienza né porsi altri scopi. L’esistenza scorre semplicemente. Tuttavia le persone tendono a dimenticare tale precetto, pensando che esista sempre qualcosa di più importante. Pochi capiscono il valore di tale principio”.

(II,17)


Fonti: “Hagakure. Il libro segreto dei samurai”, di Yamamoto Tsunetomo


Articolo a cura di Susanna Ribeca, (scrittrice)


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